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Quando si parla di città accessibile è importante capirne il significato. Accessibilità non significa inclusione. Ma una città accessibile diventa, di conseguenza, inclusiva.

Rendere la città accessibile a tutti richiede lo sviluppo di un programma che riesca a integrare diverse discipline: urbanistica, design urbano, architettura degli interni, sicurezza e benessere socio-sanitario, economia dei servizi collettivi, mobilità dei trasporti, governo e gestione amministrativi degli spazi pubblici.

L’idea di base che ha spinto l’ing. Paola Marulli e l’ing. Lorena Vecchio nell’organizzare il ciclo di seminari legati alla progettazione più inclusiva è stata una città a misura di tutti, indipendentemente dalle abilità.

Partendo dal presupposto stesso che l’umanità è variegata, che ogni individuo è diverso.

Questa idea è stata il primo momento di confronto con le frontiere invalicabili che circondavano e delimitavano il progetto tradizionale, convertendole in limites permeabili. Permeabili a omnes, con creatività e innovazione. Nella società della produzione di massa, il migliore progetto tradizionale si è sempre rivolto a una specifica fascia di popolazione, identificandosi con utenti generici di una popolazione in perfetto stato di salute. Il resto del mondo si adegua, affrontando “una eterna corsa agli ostacoli” (Paul Hogan, fondatore EIDD, 1993).

Ogni singolo spazio progettato deve essere: accessibile a tutti e non pensato per persone con disabilità specifica; confortevole per promuovere dei sentimenti di appartenenza; partecipato nel senso che ingegneri, architetti e designer devono ideare in collaborazione con chi usufruirà dello spazio (ad esempio con un disabile per comprendere tutte le difficoltà di muoversi in uno spazio), leggibile e multisensoriale per essere facilmente comprensibili a tutti e favorire l’arricchimento personale; prevedibile e percorribile in modo che ognuno possa muoversi facilmente e in sicurezza.

Il ciclo di seminari tenutosi in Cappella Farnese, in collaborazione con l’Ordine degli Architetti, il Consiglio Nazionale degli Ingegneri e il Comune di Bologna, ha coinvolto l’Università di Bologna, il CAAD, liberi professionisti e i vari enti locali che si occupano di disabilità.

Più volte citato come ausilio alla progettazione è stato l’ “European Concept for Accessibility. Design for All in progress. Dalla teoria alla pratica“, a cura della rete europea Eca – European Concept for Accessibility, coordinata dall’Info Handicap del Lussemburg, che fra i vari consigli pratici rimarca quanto risulti fondamentale il coinvolgimento dei diretti interessati.

Sono passati oltre 17 anni dalla Dichiarazione di Stoccolma e oggi non si deve parlare  di “utenti finali”, ma di “experiencer”: tutti coloro che in seguito al vissuto personale hanno esperienze da suggerire al progettista per meglio raffinare e calibrare il suo progetto.

Lo scopo dei seminari è stato sensibilizzare i tecnici per mirare a superare ogni limite che rallenti o impedisca il benessere umano e l’inclusione sociale, in linea con i concetti espressi dai precetti di sostenibilità sociale, proiettati verso un orizzonte di futuro sostenibile.

Per tutti.